Covid-19

Ieri l’Abruzzo, oggi la Toscana: perché i colori delle Regioni non si capiscono. Siamo forse daltonici?

Ieri l’Abruzzo, oggi la Toscana: perché i colori delle Regioni non si capiscono. Siamo forse daltonici?

A furia di colorare l’Italia di giallo, rosso e arancio sembriamo tutti diventati daltonici. E’ successo in Abruzzo che, rimasta unica Regione rossa d’Italia, la scorsa settimana ha alzato la testa e si è auto-proclamata zona MasterCard. Pardon, arancione. Ne ha pagato le conseguenze: il governo ha reagito con tanto di ricorso al Tar e alla fine l’Abruzzo è tornato rosso per 24 ore, nella giornata di sabato 12 dicembre. Poi è entrata in vigore la nuova ordinanza del ministero della Salute che ha certificato un miglioramento dei dati: l’Abruzzo è ufficialmente zona arancione.

Accade di nuovo questa settimana, con la Regione Toscana che resta in zona arancio. Il governatore Eugenio Giani ha storto il naso, come il collega abruzzese Marco Marsilio, parlando di “decisione ingiusta e immotivata”. Non ha agito di suo pugno, prendendo decisioni unilaterali, ma neppure si rassegna e chiede insistentemente che la Cabina di Regia del ministero della Sanità valuti in modo diverso i dati.

Ma perché le Regioni litigano sui colori? Non sono forse i dati che loro stesse hanno fornito al governo? L’aritmetica in epoca Covid è forse diventata un’opinione? E nemmeno vale la mera dietrologia politica. Perché se Marsilio, governatore di centrodestra, poteva avere interesse a contraddire il governo, questa spiegazione non avrebbe alcun senso nel caso di Giani, neoeletto del Pd.

La risposta sta in quei 21 parametri che il governo, di concerto con le Regioni, ha predisposto lo scorso aprile, nella cassetta degli attrezzi da utilizzare per affrontare la seconda ondata della pandemia.

(Per gli appassionati trovate il documento qui).

Parametri che servono a monitorare il rischio epidemiologico nei singoli territori, su base settimanale, ma che sono poco intellegibili ai più. Evidentemente non solo per noi dummies, ma anche per chi quei numeri li raccoglie e li maneggia, come le Regioni. Alla faccia di chi chiedeva i dati disaggregati…

I 21 parametri in sintesi

Il ministero della Salute, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), ha istituito un sistema di monitoraggio del rischio e della resilienza dei servizi sanitari su base settimanale che viene condiviso con le Regioni e valutato da una Cabina di Regia costituita da esperti del Ministero della Salute, dell’Iss e di una rappresentanza delle Regioni.

Senza stare ad elencarli tutti, che trovate già esaustivamente descritti sul sito del ministero, riassumiamo qui le tre macrocategorie in cui sono raggruppati.

  1. Capacità di monitoraggio: cioè si contano il numero di casi sintomatici, ricoveri in ospedale, trasferimenti in terapia intensiva, ecc.
  2. Capacità di accertamento diagnostico e gestione dei contatti. Qui si indica la percentuale di tamponi positivi, il tempo intercorso tra inizio sintomi e diagnosi, le figure professionali preposte al tracciamento dei contatti.
  3. Stabilità di trasmissione e tenuta dei servizi sanitari. Indice Rt, posti letto occupati nei reparti, posti letto in terapia intensiva.

Tutti questi parametri servono a costruire un diagramma di flusso, col quale si stabiliscono la PROBABILITÀ di infezione/trasmissione della malattia e l’IMPATTO, cioè la gravità della patologia con particolare attenzione ai soggetti over 50.

Questi dati vengono quindi incrociati in una matrice di rischio come la seguente:

Ieri l’Abruzzo, oggi la Toscana: perché i colori delle Regioni non si capiscono 01
Matrice del rischio, riportata nel Decreto del Ministero della Salute 30 aprile 2020

Va da sé che per rischio basso si intende zona gialla, moderato = zona arancio, alto = zona rossa. Alla luce di questo proviamo ora a leggere i numeri di Abruzzo e Toscana.

Toscana zona arancione, ma si crede gialla

Ad un primo sguardo il governatore Giani non sembra avere torto. Perché ci sono regioni gialle come il Veneto, con 5098 contagi, mentre la Toscana, con 574 è ancora arancione?

La discrepanza risulta ancor più evidente se si considera che la Toscana è valutata a impatto alto/rischio moderato, mentre per il Veneto entrambi i parametri sono “alti” e per giunta con trend settimanali in salita. In Toscana sono invece in discesa.

Toscana zona arancione, ma si crede gialla. Tabella 1

La ragione però sta nella tabella 3: ricordate la tenuta dei servizi sanitari? E in particolare il parametro 3.8 che sta ad indicare i posti occupati nei reparti di terapia intensiva. Valore che è sopra soglia in Toscana. Sembra quasi che in Toscana la maggioranza dei casi Covid finisca nelle terapie intensive.

Toscana zona arancione, ma si crede gialla Tabella 3

Il presidente Giani ha sostenuto che c’è una discrepanza tra regioni nel conteggio delle terapie intensive, lasciando intendere che nella sua Regione vengano sovrastimate. In pratica vengono conteggiati come tali anche quelli che non finiscono intubati, ma trattati con il casco a ossigeno. Se così fosse, sarebbe utile dare indicazioni più pertinenti e uniformi per tutte le Regioni?

C’è poi un altro numero rosso che balza all’occhio, quello della positività dei tamponi. In Toscana il 14,9% dei tamponi effettuati risulta positivo ed è un dato in salita rispetto alle precedenti rilevazioni. Insomma, nonostante le misure di contenimento, i contagi stanno sì rallentando, ma non abbastanza.

“Si è voluti essere rigidi sul fatto che quando si va in zona rossa, poi bisogna aspettare un determinato periodo prima di tornare indietro”, ha spiegato Giani. Il ragionamento, per quanto possa sembrare punitivo, è banalmente prudente: nella geografia dei colori, dopo il rosso viene l’arancio. E questo per almeno due settimane, il tempo necessario a vedere i risultati consolidarsi.

Il caso Abruzzo che si credeva arancione ma era rosso

Più o meno la stessa cosa è accaduta la scorsa settimana in Abruzzo, unica regione rimasta in zona rossa. Possibile? Nel report del 4 dicembre la Regione guidata da Marco Marsilio mostrava un numero di focolai in salita. La valutazione era impatto alto/ rischio moderato.

Il caso Abruzzo che si credeva arancione ma era rosso. Tabella 1
Il Report Iss/Ministero Salute del 4 dicembre

Eppure anche regioni come il Lazio avevano la stessa matrice di rischio ma con una differenza sostanziale: la Regione Lazio mostrava un trend stabile da diverse settimane e con casi in diminuzione.

Altre evidenze critiche erano, anche in questo caso, nella tabella 3. I parametri 3.8 e 3.9 che, come visto in Toscana, mostravano valori sopra soglia per i posti letto occupati in terapia intensiva e in altri reparti. Di qui il voto rosso in pagella.

Il caso Abruzzo che si credeva arancione ma era rosso. Tabella 3

Il 6 dicembre però il governatore Marsilio ha deciso autonomamente di anticipare i tempi, decretando il passaggio dell’Abruzzo a zona arancione. Uno strappo, forse dettato anche dalla necessità di ridare fiato all’economia abruzzese in un momento cruciale come quello prenatalizio.

Eppure era stato lo stesso Marsilio a anticipare di un giorno l’ingresso dell’Abruzzo in zona rossa, poi ratificato dal governo. Ma una volta riportati i numeri in sicurezza, il governatore non ha voluto attendere un giorno di più. Fino al paradosso di essere retrocesso in zona rossa dal Tar, per un giorno solo.

Morale della favola

La conclusione che se ne può trarre è che il sistema di monitoraggio adottato non è perfetto, né agevole, perché fotografa un quadro relativo a 2-3 settimane prima. Troppo datato, ma pure basato su indicatori non più rispondenti alle esigenze del momento.

Ad esempio, col sistema di contact tracing saltato, non hanno molto senso parametri come quello relativo al tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi. Bisognerebbe andare alla velocità del virus e prendere decisioni tempestive, basate quindi su dati aggiornati il più possibile.

Le regole però non sono sempre cieche. Contenere l’emergenza prima dell’incognita Natale è un fatto di buon senso, oltre che di responsabilità. Specie se, come auspicato, da gennaio arriverà il tanto atteso vaccino. Sarà, per certi versi, un momento ancor più delicato che il sistema sanitario non può permettersi di affrontare con gli ospedali al collasso e i medici di famiglia alle prese con contagi fuori controllo. Sarebbe una ulteriore catastrofe.

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